C’è uno stupore che si tramuta in incredulità. I compaesani di Gesù stanno guardando ad altro e lui e non può compiere prodigi. Lo sguardo scettico e disincantato riesce a soffocare ogni barlume di stupore. È lo sguardo che di solito assumiamo quando presumiamo di sapere più dell’altro. O molto semplicemente, è lo sguardo diffidente di chi non vuole farsi fregare.
Come dare torto a questa gente? La vita spesso ci fa assaporare il gusto amaro dell’essere presi in giro, dell’essere imbrogliati, dell’essere umiliati. Abbiamo imparato presto a diventare diffidenti e increduli per sopravvivenza. Indossiamo con disinvoltura le nostre maschere per proteggerci gli uni dagli altri e assumiamo che anche gli altri facciano lo stesso senza neppure prenderci il tempo per verificare l’intenzionalità altrui.
Non praticandola, rischiamo di perdere la nostra attitudine fondamentale: lo sguardo contemplativo sulla realtà. Cioè quello sguardo tipicamente umano che sa avvolgere d’amore qualsiasi cosa su cui si posa. È quello sguardo che ci fa essere quello che siamo. Il mancato esercizio di questo sguardo ci fa regredire ad animali feriti che lottano per la loro sopravvivenza…
Gesù quando vede i suoi compaesani contempla la loro ferita e diventa consapevole che facendo prodigi, non avrebbe fatto altro che accrescere la paura dei suoi di essere sopraffatti da qualcuno di più potente. E decide di cambiare logica: diventa un Dio debole, inerme, che può essere maltrattato. Davanti al crocifisso lo sguardo impaurito e spaventato può sciogliersi in tenerezza e compassione. Può ritornare umano. E ancora una volta, l’uomo rinasce a se stesso. Chiedetelo al centurione che ha assistito a quello spettacolo…
Flavio Emanuele Bottaro SJ
Continua a leggere gli altri approfondimenti del giorno sul sito
Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato