Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 30 Agosto 2021

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Gesù torna dove è nato e cresciuto. L’evangelista Luca non si sofferma sulle emozioni che avrà provato nel rivedere i luoghi della sua infanzia, il senso di familiarità che avrà sperimentato nel camminare lungo strade ben conosciute, ma non manca di ricordarci come le aspettative dettate dal proprio ego sono destinate a rimanere tali.

La prima scena è permeata di positività: Gesù proclama nella sinagoga un passo meraviglioso del profeta Isaia, l’annuncio più bello di Dio alle sue creature. Per tutti coloro che soffrono è finalmente giunto il momento della gioia, per chi è prigioniero è arrivata la liberazione, i polmoni dell’oppresso possono respirare aria fresca. Tuttavia è necessario avere un cuore aperto alla salvezza, che opera all’interno di noi stessi per mostrarne, poi, i frutti all’esterno.

Questo forse è proprio il limite dei nazareni: si aspettavano che il “loro” profeta risolvesse tutto con una grande giocata: se tanti miracoli aveva compiuto a Cafarnao, a maggior ragione anche i suoi concittadini si meritavano di assistere a questo spettacolo. Tutti in questo mondo sperimentiamo la sofferenza, ma i modi di reagire sono principalmente due: c’è chi si ingegna per trovare a tutti i costi una soluzione rapida e immediata al problema e chi abbraccia quel dolore non avendo altre armi che la speranza in Dio.

Gesù avrà sicuramente sofferto di fronte alla durezza del cuore dei suoi concittadini: non c’è esperienza peggiore di sentirsi rifiutati proprio da chi ci conosce meglio, da coloro che dovrebbero accoglierci con gioia. Attingendo dal Tanakh propone loro tuttavia una preziosa chiave di lettura per interpretare l’accaduto. La vedova di Sarèpta e Naamàn il Siro sono infatti figura di tutti coloro che accettano con coraggio la propria condizione di sofferenza senza rinunciare alla speranza. Pur essendo giunti al limite della disperazione, hanno compreso che pretendere non è il verbo giusto per accogliere la salvezza.

Per evitare la follia dell’ego che, messa a tacere ogni occasione di salvezza ed eliminata ogni possibile cura, rimane schiavo di se stesso, occorre fidarsi dei gesti semplici, di quello che accade secondo i tempi di Dio e non secondo i nostri.

Fabrizio Barbieri


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato