Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 30 Agosto 2020

Due modi di pensare la vita: da una parte Pietro che ci rappresenta nel nostro desiderio di salvarci la pelle. Dall’altra parte Gesù che ci aiuta a riconoscere che dentro di noi c’è la volontà di aiutarci reciprocamente; pronti a pagare di tasca propria. E sempre la logica di Pietro, in un modo o nell’altro, si presenta nella nostra vita: a volte sdrammatizza le situazioni, a volte le rappresenta come insormontabili, tutto per non passare attraverso quella dinamica di morte di croce, di sconfitta, che in realtà piena di amore invece è già resurrezione, vittoria.

Il campo, perché dia frutto, è necessario che sia arato – e nell’aratura e semina ben operata già si può sperare in una buona raccolta.
Ogni fatica, ogni difficoltà, ogni sfida, possono rappresentare quel campo arato da accogliere e non da evitare come vorrebbe fare Pietro. Entrare dentro in quel campo con tutto l’amore che abbiamo per poter gustare reciprocamente vita, vitalità.

E se questa pandemia ci avesse insegnato, impresso nella carne che non possiamo salvarci da soli, che non possiamo più salvarci la pelle da soli, ma abbiamo la collaborazione, il coinvolgimento di tutti? E che tutto questo ci costringe a rivedere il nostro rapporto tra distanza che poniamo con l’altro. Una distanza sociale che oggi diventa protezione dell’altro oltre che di noi stessi. Stimolati dalla realtà a salvarci insieme, mettendoci in gioco reciprocamente, ognuno con le proprie capacità, ognuno consapevole di essere invitato a metterci quel “di più” che spesso si paga a caro prezzo, cioè fa soffrire ma è pieno di significato vitale per tutti.

Loris Piorar SJ


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

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