Se il mondo funzionasse esattamente come quello che Gesù descrive metaforicamente ai suoi discepoli, mostrando leggi e punizioni per sottolineare i nuovi (altissimi) standard dell’amore, questo mondo sarebbe in effetti la realizzazione della migliore utopia mai concepita dagli esseri umani. Un mondo in cui gli uomini si amano e rispettano così tanto che anche solo adirarsi è uno scandalo, e chiamare il fratello “stupido”, un reato.
Ma come può il Signore pretendere un’utopia da noi, letteralmente un non-luogo mai esistito? Forse, semplicemente, Gesù ci vuole dare l’opportunità di vedere dentro il suo cuore: ci fa vedere un luogo che ancora non c’è, ma che lui ha coltivato dentro di sé, dalla cui fonte attinge per modellare le sue azioni e i suoi pensieri. Forse, un luogo in cui sente la voce del Padre e il suo amore, un giudice così perfetto da far in modo che sotto il suo mandato gli unici crimini consistono nell’adirarsi o insultare qualcuno, e sono presi seriamente.
È la sua vita stessa a fare da ponte tra quell’utopia e la nostra realtà. Le sue parole ce lo hanno descritto, le sue azioni ci hanno mostrato la strada, il suo sacrificio ci ha fatto capire che è possibile arrivarci, e che lui è sempre disposto ad accompagnarci. La sua resurrezione, infine, ci ha dimostrato che ne valeva, e ne varrà sempre, la pena.
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Gloria Ruvolo
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato