Una delle contraddizioni più grandi di noi uomini e donne è che siamo l’unico animale a poter rendersi conto che sta vivendo, e che prima o poi morirà.
Eppure, nonostante ciò, facciamo una grande fatica a riconoscere, e mantenere nel cuore, la consapevolezza che questa vita, e questa coscienza di essere vivi, sono doni del tutto immeritati, gratuiti, verso cui non vantiamo alcun diritto, proprio perché completamente fuori dal nostro controllo. E in effetti, cosa possediamo realmente?
Abbiamo in prestito del tempo, tempo che possiamo usare in libertà, ma di cui siamo anche responsabili, nel senso che saremo e siamo sempre chiamati a rispondere dell’uso che ne facciamo.
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Il Signore della vita ci manda i suoi servi, coloro che hanno dedicato la sua vita a Lui, per aiutarci a far fruttare questo tempo-vigna: i frutti che vuole non sono però solo quelli di cui possiamo godere nel poco tempo che ci è stato donato, gli unici su cui potremmo dire di avere un “diritto”, gli unici che potremmo dire di possedere perché ci accompagnano solo nel corso della nostra vita. Denaro, fama, potere, ruolo sociale sono solo nostri perché muoiono con noi.
Egli invece manda addirittura il Figlio per farci capire che il tempo della vita non è nostro, ma proprio per questo ci è stato affidato: per sprecarlo, donarlo agli altri, prendersene cura con amore, ma anche saperlo lasciar andare.
Farlo fruttare significa lasciar andare l’illusione del possesso, coltivare per le nuove generazioni e per chi ci sta accanto, perché possano anche loro avere consapevolezza di questo dono con la gratitudine tipica dei figli amati; e ogni tanto, alzare gli occhi e godersi il presente.
Gloria Ruvolo
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato