Oggi al centro c’è la sapienza della croce, che si scontra con la voce del mondo che induce ad abbandonarla. Di fronte alla falsità dei farisei e ai progetti di Erode, sarebbe normale piegarsi al loro volere e dunque fuggire, normale abbandonare quello che li provoca e li scatena, le nostre strade, i nostri desideri, e in qualche modo ciò che siamo.
Gesù invece non si lascia snaturare, continua la sua vita di annuncio, continua a compiere guarigioni, conservando quella fedeltà a sé stesso che gli costerà la vita, quella fedeltà che è amore per il padre che lo ha generato.
«È necessario», dice: sa che la profezia che ci consegna dovrà passare per il sacrificio dell’agnello. Sa che solo così la vita che ci lascia in eredità potrà mostrare tutta la sua forza, tutta la sua capacità di liberare.
E non sarà possibile che questo accada fuori Gerusalemme, perché è a Gerusalemme che sono ammassati il disprezzo di ciò che il padre ha fatto di lui, il rifiuto di una vita libera, la paura che trattiene la vita che ci abita dall’esprimersi, dall’emergere nel nostro quotidiano.
Gesù ci assicura che la profezia che annuncia la Pasqua si compirà a Gerusalemme: saprà esplodere nel coagulo di tutto ciò che è nemico della nostra natura, fino a renderlo un sepolcro deserto. Sarà proprio questo passaggio di morte a segnare un’alba nuova, proprio dal fondo di quel sepolcro sapremo riconoscere in Gesù la benedizione mandata dal padre, che ci riporta di nuovo, sorprendentemente, a noi stessi, regalandoci una vita maggiore.
Elena Benini
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato