Forse Gesù non sta chiedendo a Marta di fare quello che fa Maria, di contemplare quando vorrebbe servire, di fare qualcosa che non è il suo. Forse le sta chiedendo di rendersi conto che il suo desiderio di servire è presidiato dalla paura di scomparire, di diminuire agli occhi dell’altro. Forse le sta chiedendo di rendersi conto che la tanta fatica che lamenta viene dal fatto che il suo tanto servire è per sé stessa, per procurarsi più amore.
E che l’indignazione che prova non è perché vorrebbe Maria al suo fianco in cucina, o perché vorrebbe dividere i suoi molti servizi con qualcuno, ma perché tutto questo non sta funzionando, perché nonostante i suoi molti servizi, Gesù sta guardando Maria.
La vera differenza tra le due sorelle, la differenza tra l’affanno e la fatica di una e la beatitudine dell’altra, non è in ciò che stanno effettivamente facendo, ma nella disposizione interiore con cui lo fanno. Una, dice il testo, è “distolta”. L’altra è rivolta.
Ed è proprio questa distorsione di Marta, che Gesù guarda, e vuole ricreare, anche se lei non si sente lo sguardo di lui addosso. Tant’è che le riserva la chiamata solenne dei grandi profeti: proprio come “Abramo, Abramo”, “Mosè, Mosè”… Gesù dice “Marta, Marta.”
Elena Benini
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato