“In quel medesimo giorno”: è il giorno della Parola dove Gesù racconta a tutti il Regno di Dio in parabole. Ai suoi discepoli, con l’intimità di chi da amico parla cuore al cuore, spiega ogni cosa.
Allora ci viene chiesto di passare all’altra riva, un passaggio che è metafora di un cammino da compiere, per diventare ciò che siamo e ancora non sappiamo. È lì, nella Pasqua dell’oggi, che siamo chiamati prima di tutto a custodire Gesù in noi. Guardarlo e contemplarlo così come una mamma, un papà si meravigliano a guardare il proprio figlio che dorme. Con la delicatezza di non svegliarlo, con un grazie nel cuore di chi custodisce qualcosa di infinitamente prezioso.
È proprio lì, mentre siamo con lui, anche avviene l’inatteso: la tempesta! La nostra barca inizia a essere sommersa dalle onde e abbiamo paura! Ma il maestro sembra non curarsene e lo vediamo ancora dormire su un cuscino, beato. Il sonno è simbolo di morte, così come le tenebre, la tempesta, il mare che sembra inghiottire tutto e tutti. Il dormire di Dio nella nostra notte, nella storia è tante volte più che misterioso ma qui vuole simboleggiare la più grande presenza: il Signore dorme nella nostra notte, con noi, nelle nostre morti non siamo soli. È l’Emmanuele!
È lì che Dio si alza, risorge e non ci sgrida perché abbiamo avuto paura, perché non abbiamo avuto fede in lui ma sgrida le nostre paure, le fa tacere perché le conosce, perché ci è entrato e per mano ci tira fuori da esse, con lui!
È lì nel nuovo giorno che inizia che, pieni di stupore per ciò che abbiamo veduto, nascono grappoli di domande a cui sentiamo il desiderio di dare risposta. Chi è mai costui, che il vento e il mare lo ascolta?
Maria Buiatti Luca Baccolini
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato