Questo re Erode non è quello che ordinò la strage degli innocenti. È suo figlio. Ma si chiama come lui, e in effetti siede dove sedeva lui, risponde a chi rispondeva lui, abita nel suo stesso palazzo, e si lascia trascinare dallo stesso vorticoso danzare del proprio io.
C’è quindi una “storia prima”, un sentiero antico, in questo caso già battuto dal padre, ma anche da lui stesso, che torna e ritorna, connotato dagli stessi atti violenti, e che ormai è l’unica strada che si conosce, quella che in fondo ha sempre funzionato, quella che garantisce il risultato che tutti si aspettano da lui.
E poi c’è il dono della profezia, che ci fa conoscere i pensieri di Dio, e che raggiunge Erode “da fuori” attraverso la voce di Giovanni che grida dalle prigioni, dalle segrete del palazzo, e “da dentro” attraverso questo interesse per il profeta, questa voglia di ascoltare, di approfondire, di mantenere in vita quella voce che annuncia un nuovo possibile.
Chi infatti si lascia rimproverare volentieri se non chi sente che c’è davvero un’altra possibilità? Se non chi, in fondo, la desidera?
Elena Benini
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato