Il primo segno che compie Gesù nel vangelo di Matteo è un segno che riporta alle relazioni.
Sceso dal monte il Signore incontra un lebbroso, una persona che vive ai margini della società, che vive una vita da escluso, che da persona che ha paura di tutto e tutti, vive solo per l’autoconservazione. E allora forse questa persona ci ricorda quei momenti in cui anche noi viviamo ai margini, nell’ansia, nella paura del futuro, chiusi in noi stessi, senza riuscire a comunicare con gli altri, angosciati, senza riuscire a dare senso alla vita…
A volte è la fatica di superare la vergogna di mostrarci deboli e bisognosi di aiuto che ci impediscono di vivere a pieno: preferiamo restare nel silenzio del nostro isolamento; altre volte sono situazioni di disagio che possono essere indipendenti da noi in cui ci troviamo schiacciati che ci fanno da ostacolo a una vita piena.
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Però questa persona non ci sta, cerca Gesù e si mette davanti a lui chiedendo il suo aiuto.
E il Signore, Dio della Vita, è già pronto a tendere la mano, ad aiutarci a scrollarci di dosso l’impressione della fatalità del male e a essere consapevoli del nostro desiderio di bene, a farci rendere conto che la partita non è finita e la sua mano è sempre stata lì, tesa, per noi.
Non rimane che accorgersene – e ce ne accorgiamo quando proviamo ad alzare lo sguardo dal nostro disagio, quando desideriamo uscire davvero dalla nostra situazione di ristagno, lasciandoci toccare da lui che ci con-sola (che sta con chi è solo) e ci ricorda che non è mai detta l’ultima parola, che c’è sempre un modo per tornare alla vita piena e realizzata per cui siamo fatti, in comunione con gli altri.
Tomaso Roncallo
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato