Oggi siamo messi di fronte a un capovolgimento che tocca alla radice la storia del Popolo d’Israele: la terra d’Egitto, da luogo in cui gli ebrei sono stati prigionieri e hanno visto la morte dei loro figli a causa del faraone, diventa terra di salvezza per la sacra famiglia, mentre la Terra Promessa in cui gli ebrei sono arrivati dopo la loro fuga diventa luogo di morte per i bambini dell’età di Gesù e luogo da cui la stessa sacra famiglia deve fuggire. Là dove c’era la morte adesso c’è possibilità di vita e viceversa.
Non è mai piacevole pensare che la nostra vita non vada su binari dritti in cui le cose belle lo saranno sempre ed è sempre difficile accettare che le cose che sono nate per amore possano seccarsi e morire. Il concetto del “e vissero felici e contenti” appartiene solo alle fiabe.
È anche vero che qui c’è il seme di una speranza che ci mostra come anche dalla morte più nera può nascere la vita, e la vera sfida è credere a questa speranza senza farsi vincere dal nemico che ci sussurra che la morte, che ogni piccola morte quotidiana, è la fine di tutto.
Senza l’Egitto non avremo Gesù: nella nascita di Gesù c’è già la sua Resurrezione.
- Pubblicità -
Leonardo Vezzani SJ
Continua a leggere gli altri approfondimenti del giorno sul sito
Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato