C’è nella vita di ciascuno di noi una promessa di gioia profonda più forte di ogni altra cosa, incondizionata e gratuita, una promessa che Dio ci ha dato il dono di cogliere sul nostro sentiero. E quando la troviamo – nelle situazioni del quotidiano, attraverso le persone che incontriamo – parla intimamente al nostro cuore; ma talvolta rischiamo di lasciare che venga sommersa dalla nostra quotidianità, dalle mille cose che ci circondano, o di cui troppe volte ci circondiamo noi stessi.
Quando però cogliamo quella gioia sembra dischiudersi per noi il significato profondo dell’esistenza e ci riscopriamo pieni di gratitudine a Dio per il dono della vita. Allora anche il dolore del parto, che metaforicamente può alludere alla morte e resurrezione di Cristo, è una transizione, un passaggio necessario attraverso la sofferenza, che è parte integrante della nostra condizione umana e che Cristo ha condiviso con noi incarnandosi. Un passaggio attraverso la sofferenza che però prelude a una promessa di gioia.
Il dolore che si muta in gioia è un rovesciamento possibile nella nostra vita, se accogliamo lo Spirito Santo, se accogliamo l’altro con lo stesso amore incondizionato che Cristo ha avuto per noi, vedendo anche nell’altro il volto di Cristo.
Anche noi durante la nostra vita passiamo più volte da condizioni di morte a condizioni di resurrezione: ognuno può rinascere a una seconda vita, una vita che non si accontenta dei canoni del mondo e delle nostre aspettative, ma che scopre di poter seguire la volontà di Dio – che mai ci è intelligibile dall’inizio, come accade agli apostoli che si interrogano smarriti su quello che succederà di lì a poco, ma che, nel solco del suo disegno d’amore, ci riserva il meglio.
Pietre Vive (Roma)
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato