Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 27 Luglio 2021

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Conosciamo tutti la parola del grano e della zizzania: in un campo di buon grano di notte il nemico del padrone del campo semina di nascosto della zizzania, una pianta infestante. Una volta cresciuta, viene riconosciuta dai contadini che propongono di strapparla e lasciare spazio e nutrimento al grano. Ma il padrone, sapendo che le radici delle piante infestanti si intrecciano a quelle del grano proprio per non essere strappate se non a danno anche delle piante buone, dice di lasciar stare: arriverà il momento della mietitura, e quello sarà il momento di separare ciò che è buono da quello che è cattivo.

Qui si tocca quella che forse è una delle tentazioni più grandi della nostra epoca, e che viviamo in tutti gli aspetti della nostra vita: quella di strappare la zizzania. Non è che gli operai si sbaglino, la cosa migliore sarebbe quella di togliere tutta la zizzania. Perché lasciare spazio a quello che non è buono? Non sarebbe meglio eliminarlo? Il fatto è che non si può.

Non sarebbe meglio per noi eliminare tutti i nostri difetti, le nostre dipendenze, i nostri peccati? Certo che sarebbe meglio, e spesso ci mettiamo davvero sotto per farlo. Ma non si può. Non si può. Ripetiamocelo, perché a questa cosa non ci crediamo. Non si può eliminare la zizzania dalla nostra vita. In fondo i filtri di Instagram e di Tiktok non sono questo? Il cercare una perfezione che non esiste? E infatti una volta spento il telefono, è lo specchio a rivelarci chi siamo.

Ci siamo fatti fregare da chi ci ha detto che la vita di ogni persona e in particolare del cristiano deve essere perfetta. Non è vero. Questo è il nemico che ci parla, cercando di proporci un’immagine della persona di fede completamente irraggiungibile. Quando poi ci accorgiamo che non riusciamo a diventare perfetti come vogliamo ci abbattiamo, pensiamo sia colpa nostra e perdiamo fiducia e speranza in noi stessi e in Dio. Il nemico è così che vince: facendo di noi persone senza fiducia e senza speranza.

Siamo chiamati a vivere con chi siamo, portando la bellezza dei nostri doni e il peso della nostra imperfezione, amati come solo il Padre ci ama. Questo non significa arrendersi, significa che ogni passo di crescita e miglioramento non può essere davvero tale se non parte da una posizione di stabilità, dove guardandomi allo specchio vedo una persona a cui voglio bene. Non c’è più un risultato da ottenere schiacciati dall’ansia da prestazione, ma un cammino da fare con serenità.

Chiediamo al Signore la grazia di accogliere con affetto quello straniero che mi guarda nello specchio.

Leonardo Vezzani SJ


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato