La donna che soffriva di continue emorragie è salvata dall’atto di toccare Gesù, così come la bambina ritrova la vita quando Gesù la prende per mano. Due miracoli così diversi segnati dall’importanza del contatto. Toccare è un gesto la cui importanza spesso ci sfugge.
Pensiamo a quando siamo sul’autobus e per caso sfioriamo il corpo di qualcun altro: ci ritraiamo con un salto esprimendo abbondanti scuse. Questo accade proprio perché il tatto è scambio, intimità. Un abbraccio, un bacio, il semplice prendersi per mano comunicano il desiderio di vicinanza. Percependo la presenza dell’altro in maniera fisica o toccando qualcuno gli chiedo di partecipare della mia vita, di sentire i difetti del mio corpo sapendo che non sono qualcosa da nascondere. Ecco da dove nasce l’imbarazzo dello sfiorarsi casuale negli ambienti pubblici: queste non sono cose che si chiedono ad un estraneo!
Gesù lasciandosi toccare e toccando prende sul serio la sua umanità e chiede di entrare nella vita dell’altro e che l’altro entri nella sua. Non è un Dio che sta su un trono inarrivabile, ma un Dio che chiede e vuole dare intimità. Vuole che partecipi e impari da lui il suo modo di toccare ed essere toccato dal mondo.
Anche quando sulla croce l’essere toccato diventa violenza, sopraffazione, lacerazione, Gesù si lascia toccare trasformando la violenza che subisce in accoglienza incondizionata di coloro che non cercano intimità ma distruzione. Proprio perché l’amore di Dio è proprio questo cercare intimità anche nel momento in cui le guardie si esprimono con la violenza. Anche il risorto chiederà di essere toccato, perché questo desiderio di comunione intima con l’uomo non viene sconfitto dalla morte.
Leonardo Vezzani SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato