Inizia la notte, una notte da passare in mare aperto nella tempesta.
Il mare è luogo di opportunità ma anche di pericolo e nel buio della notte lo diventa ancora di più. Il mare in questione poi in realtà non è che il lago di Tiberiade, che tuttavia aveva delle dimensioni considerevoli. Cosa rappresenta per noi, però, questa immagine della notte in tempesta in mare aperto? Come parla alle nostre vite, alla nostra storia personale? Ha delle forti risonanze anche con la storia di tutti i popoli, ieri come purtroppo anche oggi.
Ma nel buio della notte siamo da soli o forse non siamo mai veramente da soli? Prendere coscienza di questo dipende solo da noi? Forse no, e cioè, per meglio dire, dipende da quanto siamo in grado di lasciare spazio a Cristo nelle nostre vite: non è tanto un lavoro di forza di volontà quanto piuttosto di cedevolezza e di affidamento a qualcosa che è più grande di noi e ci sovrasta ed è intorno a noi ma al tempo stesso è frutto di un amore che siamo in grado di accogliere solo se ci mettiamo realmente in ascolto e convertiamo la burrasca in brezza leggera e carezzevole.
- Pubblicità -
Cristo rimane sereno, è l’unica cosa che può arginare i moti dei nostri animi tempestosi e le vicissitudini burrascose delle nostre vite.
Pur partendo da una posizione iniziale di fiducia in Cristo, c’è sempre il rischio tuttavia di tornare alla nostra autoreferenzialità e alle nostre dinamiche umane non sempre felici.
Ma il “Taci, calmati!” finale è un imperativo, un’esortazione, un memorandum, una preghiera per l’anima che sa di liberazione e fa tornare la brezza, e ognuno di noi può accogliere dentro al suo cuore anche in piena tempesta.
Pietre Vive (Roma)
Continua a leggere gli altri approfondimenti del giorno sul sito
Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato