Parlare di attesa vuol dire sempre parlare anche di speranza. Sono capace di vivere bene il momento presente, anche se problematico, perché so che arriverà quel qualcosa che rovescerà la situazione.
In questo senso bisogna capire bene il servo, e per farlo ci aiuta pensare a quello che succede a noi quando qualcuno che aspettiamo sta ritardando di un bel po’. Nel riconoscere che questa persona è in ritardo, piano piano dentro di noi si insinua sempre di più il dubbio che non venga proprio, e iniziamo a intristirci.
Questa tristezza è lo spazio di azione del nemico che ci fa a quel punto sentir a quasi giudicati dal fatto di non valere il tempo dell’altro. A quel momento i nostri pensieri e le nostre azioni saranno il frutto di ciò che il mio amico mi fa sentire e credere.
Al servo succede la stessa cosa: egli quindi non è cattivo e di conseguenza fa cose cattive, ma, dal momento che perde la speranza che il signore torni, ascolta la voce del nemico e dà spazio alla parte peggiore di lui. Chiediamo al Signore di saper riconoscere le tattiche del nemico e di sapere sempre mantenere viva la speranza.
Sperare quindi non riguarda il futuro, ma definisce la persona che sono oggi.
Leonardo Vezzani SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato