Molte volte veniamo sopraffatti dagli impegni della giornata e finiamo col vivere come se avessimo inserito un pilota automatico. Vivere le nostre giornate assorbiti dalla fretta, dai nostri problemi, dalle responsabilità e dai ritmi frenetici rischia a poco a poco di portarci ad avere lo stesso atteggiamento legalistico dei discepoli che rimproveravano le persone che portavano i bambini a Gesù. A volte siamo così concentrati sui nostri obblighi e compiti, sui nostri problemi e interessi individuali, che il nostro sguardo rischia di diventare indifferente a tutto ciò che ci circonda e diventiamo incapaci di vedere la bellezza e i segni di Dio nella nostra quotidianità.
Quello che riceviamo oggi è un invito a guardare il mondo attraverso gli occhi di un bambino. Tornare a guardare il mondo attraverso gli occhi di un bambino non significa essere innocenti o fingere che i problemi e il male non esistano; è piuttosto una chiamata a convertire il nostro modo di vedere la vita. Solo uno sguardo trasfigurato nel mistero, uno sguardo come quello di un bambino è capace di abbracciare il mondo, il diverso, senza pregiudizi e senza paura. Tornare a questo sguardo significa potersi stupire, lasciarsi incantare dalle cose e dagli eventi più comuni della nostra quotidianità. Solo chi ha la capacità di vedere la bellezza nelle cose più semplici è in grado di percepire la presenza dei segni nascosti nella nostra vita ordinaria e abbracciare così il Regno di Dio nella sua interezza.
Gesù cerca di salvare quel bambino che ognuno di noi è stato e che è nascosto da qualche parte nel profondo del nostro cuore: quel bambino pieno di sogni e immaginazione, che voleva solo essere felice, amare ed essere amato. Gesù vuole far emergere ciò che di più bello c’è in noi, ciò che di più vero. Quel qualcosa che è sacro, divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di noi scoprire.
Pietre Vive (Roma)
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato