Il pastore è colui che chiama le pecore e le conduce ai pascoli e all’acqua. Lui è la guida che apre cammini e trova nuove strade, è la porta attraverso cui passare. Restare nel recinto significa morire. La pecora se resta rinchiusa nel recinto muore perché non mangia e non beve. Quando viene il giorno, è tempo di uscire dal recinto per andare, dietro al pastore, ai pascoli della vita, ad abbeverarsi alla fonte della gioia.
Tra il pastore e le pecore c’è un legame d’amore e di reciproca conoscenza. È una relazione fatta di cura e di attenzioni. Quando è tempo di riposare, il pastore ci custodisce nel recinto, e al mattino ci invita a risvegliarci ed aprire gli occhi per non stancarci mai di seguirlo. Egli ci chiama per nome, ci ama in maniera personale. Il nostro nome ci dice chi siamo, racconta la nostra storia. Per i ladri e i briganti le pecore non hanno nome – e cancellare il nome vuole dire perdere la propria identità.
Gesù ci indica come riconoscerlo, come capire che lui è la porta. È la Sua voce che può salvarci. C’è nel nostro cuore una capacità di sentire e riconoscere la voce interiore della verità e distinguerla dalle altre. Diverse voci si affollano e ci confondono, ma la voce di Dio ci invita a camminare con lui. Ascoltare la voce di Dio significa riconoscere che lui c’è, e che desidera entrare in relazione con noi, perché ci chiama a stare con lui e a incamminarci con lui verso una vita nuova.
Pietre Vive (Roma)
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato