… Simone, Giuda, ma anche Giulia, Alberto, Francesco, Chiara… in mezzo alla folla che sta quasi assediando Gesù, Gesù si allontana, fa spazio dentro e fuori, sale sul monte per allargare il proprio orizzonte e ci chiama per nome – a volte dandoci anche un nome nuovo. Ma non basta essere chiamati: serve anche che qualcuno sia in ascolto, rispondere e andare.
Ma a cosa, esattamente, saremmo chiamati? Dio ha grandi, grandissimi progetti per noi. Noi rispondiamo, con prontezza, e il progetto riveste le nostre vite e tutto si compie. E se non funzionasse così?
La chiamata non è a un disegno già deciso, a un programma già prestabilito, a un puzzle che basta solo mettere insieme. La chiamata è prima di tutto a stare con lui. Viverlo, viversi. Camminare affianco. Condividere il pane, la fatica di farsi capire. Gesù si sta aprendo al mondo quando chiama a sé i discepoli, chiede di non essere lasciato solo. Siamo pronti a rispondere?
Poi, solo dopo, come conseguenza, sapremo, se vorremo, scacciare i demoni, che non è altro poi che farsi testimoni della nostra esperienza di lui e con lui, che tutto guarisce, che tutto salva. Allora le tenebre si dilateranno, i lacci che ci tengono imbrigliati si scioglieranno.
Fino alla prossima fatica, fino al prossimo nuovo sì.
Francesca Carraro
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato