Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 23 Maggio 2020

Oggi viene messa in discussione la nostra preghiera e la nostra persona. Ci viene detto che finora non abbiamo mai chiesto nulla nel nome di Gesù: forse è vero.
Forse, invece che chiedere nel suo nome abbiamo chiesto al suo nome.
Forse, più che una domanda da figli, abbiamo chiesto una raccomandazione al Figlio.

Il primo invito di oggi, allora, può essere quello di liberare la nostra preghiera, di sprigionarne l’autentico potenziale. Oggi siamo chiamati a prendere consapevolezza che la nostra preghiera, grazie al dono dello Spirito, è potente perché possiamo rivolgerla come fratelli, nel nome di Gesù.

Il secondo invito è una domanda sulla nostra idea di gioia.
«Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena» sembra volerci dire che non sarà ottenere quello che abbiamo chiesto a procurarci gioia, ma l’intero processo di “chiedere e ottenere”: essere fratelli del Figlio significa riconoscere l’intima dipendenza dal Padre e dalla comunità.

Chiedere nel nome di Gesù significa assimilare il suo stile: nell’ora di più buia, servire e chiedere, lavare i piedi e pregare. Il bisogno può essere uno strumento di relazione, non motivo di vergogna o attacco alla nostra autonomia.

La nostra gioia comincia quando chiediamo.

Matteo Palma


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

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