Oggi ci troviamo davanti da due misteri: il mistero del futuro del discepolo amato e il mistero della vita di Gesù.
Pietro e altri discepoli hanno incontrato il Risorto. Pietro è accanto al Signore, e sono seguiti da un discepolo senza nome. È l’innominato. Viene identificato mediante ciò che ha fatto durante l’ultima cena, quando ha domandato chi fosse il traditore. Pietro vuole scoprirne l’avvenire. Cosa sarà di quest’uomo, così intimo a Gesù? La risposta del Risorto è una domanda, seguita dall’esortazione a seguirlo. Pietro rimane senza chiarimento alcuno. Gli è chiesto di seguire, e basta.
Quel discepolo misterioso è senza nome. Interpreta il ruolo di uno specchio: riflette il mio nome. Quel discepolo evoca lo spazio lasciato libero a pochi centimetri dal cuore e dalle gambe di Gesù, spazio che io posso abitare. Quel discepolo è misterioso. Riflette il mio mistero. Nel momento in cui mi guardo con attenzione, mi riconosco e al tempo stesso mi sperimento come straniero, come mistero, come novità.
Il secondo enigma. L’autore precisa che se tutte le gesta del Signore fossero scritte, il mondo non basterebbe a contenere i libri. Gesù ha compiuto cose che non sono state narrate. La vita del Signore è composta da spigoli misteriosi, che non conosco. Gesù è il Dio familiare e al tempo stesso straniero. Lo conosco, eppure mi sfugge, eccede, è un passo dopo tutto ciò che credo di saperne.
Carmine Carano SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato