Nel Credo ripetiamo tutte le volte «credo nella remissione dei peccati, nella resurrezione della carne, nella vita eterna».
Credere in questo, ci dice Gesù oggi rispondendo ai sadducei – e con loro a tutti i nostri dubbi –, vuol dire non essere figli di una logica di vita dipendente dalla morte; avere oggi la dignità per concepire l’avvenire e la resurrezione, una vita cioè liberata da condizioni definitive, comporta abbandonare la logica del prendere per entrare nella logica dell’accettare, del ricevere e dell’accogliere, nella logica dell’annunciare quindi del dare; allora la vita, come la carne e il corpo, non sarà più soggetta al passaggio della fine, al settimo giorno della creazione, ma all’ottavo giorno della resurrezione.
Lo schema chiuso di un’ottica miope si applica ai grandi concetti come al quotidiano e rende totalmente differente la consapevolezza di chi siamo.
Possiamo scegliere in base a ciò che crediamo, alla posizione che vogliamo assumere, se essere figli del mondo e fratelli fino ad un certo punto, oppure essere figli di Dio e fratelli fino in fondo, perché in fondo non troveremo altro che Uno solo che ci ama così come siamo e che da sempre, con Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, e quindi anche con noi, vive in un giorno senza fine, in un matrimonio eterno che è una creazione d’Amore.
Mounira Abdelhamid Serra
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato