Camminare insieme giorni, mesi, anni, eppure, a volte, non comprendere chi mi cammina accanto. Non comprendersi: la più consueta e umana delle esperienze relazionali. Il segno che stiamo imparando a comunicare.
Ed ecco la cartina di tornasole della nostra umanità. Se non comprendiamo tendiamo a chiuderci, perché chiedere spiegazioni richiede un certo lavoro. Domandare è un’arte che richiede libertà. Forse perché interrogare chi non ho compreso significa mettermi a nudo, riconoscere un limite che sì, è anche mio: proclamarsi piccoli.
Ma la strada è ancora lunga, e continuiamo a camminare. Anche nell’incomprensione è possibile camminare insieme. E intanto discutiamo su chi, fra noi, tutti piccoli nella nostra fallibilità creaturale, sia il più grande. Avanti il più forte, il meno fragile: ecco chi vince, ecco la priorità.
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Il fatto è che chi mi cammina accanto non solo conosce tutto di me, ma mi ascolta. La sua priorità è prendermi sul serio, sente la mia vita e la mia inquietudine. E mi insegna a partire da questa. Dalla mia realtà, non da teorie alte e inaccessibili.
Alla fine fermarsi, mettersi a sedere e scoprire, dal volto di un bambino, che basta essere così: noi stessi. Piccoli. Risolvere di accoglierci così e, di conseguenza, scoprire che essere il più grande consiste proprio nel desiderare di accogliere, come sé, altri piccoli: questo è amare Dio. Questo rende grandi: figli, quindi liberi dal timore dell’errore, affrancati dalla tentazione della mania di grandezza. Liberi, quindi fratelli.
Melania Condò
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato