La missione di Gesù e dei suoi percorre la terra in lungo e in largo: attraversa campi, villaggi, città. Abita il creato. L’atteggiamento con il quale il Signore propone di vivere questa traversata mostra una delicata e necessaria custodia e, insieme, il desiderio di valorizzare fino in fondo l’opera delle mani del Padre: che questa sia, nella cura, al servizio dell’uomo, della fame che l’apostolato genera e che la strada può saziare.
Chi cammina, ha fame. E, chi cammina da figlio della terra di Dio, con la gratitudine e la responsabilità di chi riceve un dono simile, non può che cogliere e mangiare: la figliolanza, vissuta nell’appartenenza a Cristo e nell’appartenenza di Cristo a Dio, legittima il beneficio dell’uomo di tutto ciò che dimora in ogni campo.
Semplice. Elementare, nell’economia perfetta del dono. Eppure questa perfezione, nella sua gratuità sorprendente, innesca preoccupazioni. Critiche, sospetti, accuse: la Legge deve essere osservata strettamente. E non ci accorgiamo che, lì dove tutto chiamava alla vita, finiamo per uccidere. Il dono muore, soffocato dal sacrificio.
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Gesù risponde ancorando l’economia del dono alla storia, alla stessa storia che i farisei, cuori ancora troppo preoccupati, sembrano poter leggere solo dall’angolatura del sacrificio. E invece la storia è ricca, plurale. Esemplare. La storia sfama: nel cuore di Dio c’è spazio per ogni fame, ecco perché l’uomo non è sotto il peso del sabato.
Nel Figlio, prima i figli, poi il sabato. La Legge di Dio largheggia, non costringe: ha fame di misericordia.
Melania Condò
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato