Immaginiamo questa folla di uomini e donne, che lasciano le loro case e si mettono in cammino. Sono galilei e giudei, abitanti di Gerusalemme e dell’Idumea, vengono da luoghi lontani come le fenicie Tiro e Sidone o da oltre il Giordano. Persone tra loro molte diverse, per esperienze, storie, cultura, ma accomunate dalla stessa motivazione: vanno da Gesù.
Che cosa li spinge ad affrontare i rischi e i disagi del viaggio? Hanno sentito parlare di quello che Gesù ha compiuto, delle persone che ha guarito, come la suocera di Pietro o l’uomo dalla mano paralizzata. Anche loro hanno bisogno di essere guarite e per questo non hanno esitato a partire: ne va della vita!
Di fronte a questa situazione, Gesù chiede di preparare una barca, per non essere schiacciato dalla folla. Schiacciato fisicamente certo, ma soprattutto perché la sua parola, l’annuncio del Vangelo, non sia schiacciato dalla ricerca di una risposta immediata, per quanto importante. Gesù è venuto a salvarci, a prendersi cura non solo dei nostri bisogni fisici, ma anche di quelli più profondi, di quelli del nostro spirito.
Ma se lo schiacciamo sulle nostre necessità, se cerchiamo di possedere, invece che ascoltare e accogliere, allora sciupiamo la parte più preziosa del suo dono. Ecco che la barca non serve tanto a proteggere Gesù quanto noi, perché vi sia la distanza necessaria a far risuonare la sua parola di salvezza anche lì dove neanche sospettiamo di averne bisogno.
Giuseppe Riggio SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato