L’antico adagio “a ciascuno il suo” forse può valere per noi, ma non certo per Dio, per il semplice fatto che il “suo” in questione non è di ciascuno, ma di Dio stesso e ne fa ciò che vuole. Non solo. La giustizia del Dio che Gesù narra è quella di un Dio palesemente ingiusto, o, se vogliamo, meglio un Dio la cui giustizia si identifica con la sua bontà: Dio è un Padre che non dà a ciascuno secondo quello che ha fatto, ma secondo il Suo cuore. Quel denaro è l’abisso senza fondo di un amore che non esclude nessuno e che da a ciascuno nella misura di questo stesso amore. Un ulteriore monito di fronte alla religione del merito che vuole conquistarsi Dio a forza di prestazioni.
Lasciando “Get Up and Walk”, almeno per un certo tempo, mi piace farlo con questa immagine di Dio che esce, all’alba come all’imbrunire. Un Dio che esce sempre, sempre in movimento, un Dio che cerca tutti gli sfaccendati della vita perché partecipino della Sua stessa vita; un Dio che prima di farsi cercare si mette in ricerca di ogni uomo e di ogni donna perché tutti vuole con Sé. Dio esce da se stesso perché chiunque possa avere quel denaro che gli cambi la vita, che lo restituisca ad una vita feconda.
Si direbbe che persino il Dio di Gesù è un Dio con il centro fuori di sé, nell’uomo e nella sua creazione. Io sono il centro della cura e dell’attenzione di Dio; io, umanità ai bordi delle strade della vita, sono oggetto/soggetto dell’amore tenero, premuroso, e senza misure di un Dio che sempre mi cerca.
Michele Papaluca SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato