Durante il suo ministero, Gesù insegna a pregare pregando, facendosi trovare in atteggiamento di preghiera, ritirandosi su un monte, appartandosi nella notte, esclamando a voce alta e invocando il Padre. Solo in questa occasione dà indicazioni esplicite per la preghiera, insegna anche a parole.
È un insegnamento misurato, che affonda le sue radici nella vita vissuta di ogni giorno, nelle semplici richieste che chiede di fare. E, se possibile, più ancora di ciò che viene espresso dalla preghiera stessa, preghiera per eccellenza del cristiano, porta luce nuova quel “non sprecate parole”: Gesù rimanda a una dimensione diversa della preghiera, quella fatta dallo sguardo e dall’abbraccio. Dio è d’altronde come il padre misericordioso: di fronte al figliol prodigo, , il padre interrompe il profluvio di parole imparate a memoria come una preghiera qualunque fatta per ottenere una grazia qualsiasi e si lancia in un abbraccio caldo e benedicente.
Anche quando siamo costretti a usare le parole per rivolgerci a Dio, lasciamoci abbracciare da Lui piuttosto che dalle nostre stesse parole, e in silenzio godiamo della sua stretta paterna/materna. La preghiera è questo caldo abbraccio, e così quando diciamo “Padre nostro” non facciamo altro che lanciarci fra le sue braccia.
Michele Papaluca SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato
Voi dunque pregate così.