Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 2 Settembre 2019

A un certo punto nella sua vita, Gesù legge questa profezia che parla dello Spirito Santo che è sopra qualcuno, che lo manda a portare ai poveri il lieto annuncio e a liberare gli oppressi e, al posto di pensare, come potremmo fare noi, che fortuna abbia avuto quel tale a ricevere un tale incarico dal Signore, si guarda dentro e dice:

“sono io il consacrato. Io annuncerò l’amore vero del Padre, che ho provato sulla mia pelle, e lo incarnerò ogni giorno nei miei gesti e nelle mie parole, così che tutti vedano, al posto di essere ciechi, che è possibile essere liberi, che è possibile essere mossi solo da questo spirito di amore.”

È qualcosa che tutti siamo chiamati a pensare di noi stessi: i responsabili di questo amore ricevuto ora siamo noi.
Noi che la maggior parte delle volte somigliamo a questi ciechi: sempre pronti a trovare qualcosa di familiare, e quindi di già conosciuto e banale, per potere evitare di accettare i grandi doni del Signore.

Sì, il Figlio di Dio viene dalla nostra città, sì quella persona che avevamo ignorato finora può regalarci un pezzo di Regno dei Cieli. Sì, quel ragazzo giovane venuto da un piccolo paese ha cambiato il mondo e sì, proprio Lui ci ama veramente, in questo stesso momento.

Gloria Ruvolo

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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

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Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio… Nessun profeta è bene accetto nella sua patria.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4, 16-30

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore

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