Dove abbiamo imparato a dare cose buone ai nostri figli? Perché desideriamo il meglio per loro? Forse è per istinto di sopravvivenza, forse perché aspiriamo all’eternità e vediamo nei figli un compimento possibile di ciò che a noi è mancato. Forse perché vogliamo metterli nelle condizioni di dare il meglio di sé, di poter esprimere al massimo il loro potenziale, di essere creativi molto di più di quello che siamo stati noi.
Attraverso questa osservazione Gesù propone l’immagine di un Dio Padre che dà cose buone a chi gliele chiede. Eppure quante volte abbiamo chiesto e non abbiamo ottenuto! Dio dà cose buone a chi le chiede. Forse non abbiamo chiesto cose buone.
Cosa sono le cose buone? È tutto ciò che ci permette di liberare il bene che chiede di essere agito da noi. È tutto ciò che ci permette di amare fino in fondo. È tutto ciò che ci fa crescere in umanità. Chiedere cose buone significa accettare di ospitare intenzionalmente questo movimento dentro di noi.
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Come ci accorgiamo che questo accade davvero? Quando facciamo agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi. Cioè quando siamo in diritto di chiedere e ci concediamo la possibilità di dare. In quel momento, quando esercitiamo questa intenzionalità ci accorgiamo che la nostra richiesta è stata accolta sul serio e ci viene dato tutto quello di cui abbiamo bisogno. Compiendo il bene altrui, ci prendiamo cura di noi stessi: questo è il potere che ci è dato dal Dio Padre.
Flavio Emanuele Bottaro SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato