Perché mai dovrebbe interessarci oggi il “regno dei cieli” di cui parla Gesù? Non si tratta di una realtà riguardante solo il popolo di Israele. Il “regno dei cieli” è l’anelito a vivere una vita piena, una vita bella, una vita che sia degna di essere vissuta. È più di un desiderio evanescente: caratterizza l’essere umano in quanto tale sin dalla sua nascita.
Gesù evoca il “regno dei cieli” attraverso delle similitudini che riprendono aspetti della nostra vita quotidiana per aiutarci a riconoscere la sensazione che accompagna questa pienezza di vita.
E ci parla di un tesoro nascosto in un campo, che un uomo trova, nasconde; poi vende tutti i suoi averi per comprare quel campo. Di fatto, l’uomo non si comporta in modo lineare. Se io trovassi un tesoro in un campo, me lo porterei a casa subito… Ma qui in gioco non è il tesoro, ma il fatto che l’uomo è disposto a vendere tutto quello che ha per quel tesoro. Detto in altre parole, il “regno dei cieli” avviene quando siamo disposti a giocarci tutto quello che siamo nella situazione che stiamo vivendo.
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La pienezza coincide con la sensazione che in un certo momento della nostra vita entriamo in contatto con l’eternità. In quel frangente, tutto il mio passato e tutto il mio futuro partecipano a quel momento presente. Per cui non abbiamo bisogno di nient’altro. Il “regno dei cieli” non è un qualcosa di materiale da possedere, è piuttosto un atteggiamento di vita. Vivere il presente con tutto quello che sono è ciò che mi permette di gustare il senso dell’eternità.
E, ancora, il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose. Trovata una perla di grande valore, vende tutti i suoi averi e la compra. Qui l’immagine è simile alla precedente ma con un accento diverso. L’essere umano è paragonato a un mercante che cerca qualcosa di preciso. La sua attenzione per l’oggetto del suo desiderio lo orienta a focalizzare in quali luoghi cercare ciò che gli sta a cuore. In questa prospettiva, la pienezza di vita è qualcosa che ci appartiene dalle nostre origini.
È ciò che consapevolmente o inconsapevolmente cerchiamo nella nostra vita. È quella domanda aperta con cui ci muoviamo nel mondo. È quel faro che ci attrae e crea una direzione nel nostro cammino. È qualcosa che cresce con noi, evolve, matura, eppure rimane sempre la stessa cosa: è il filo rosso della nostra vita. E lo sappiamo riconoscere immediatamente quando si presenta davanti. Come se il nostro cuore sia un sonar che ci avverte quando siamo vicini.
Possiamo vivere in due modi: lasciare che questa pienezza ci muova inconsapevolmente senza che ce ne accorgiamo, a volte prendendo anche degli abbagli, oppure possiamo esercitarci nel mettere a fuoco cosa ci muove e imparare a dirigerci verso. Da qui nasce la vita spirituale.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato