I nostri occhi sono abituati a guardare, ci passano davanti tantissime immagini, ma non sempre riusciamo davvero a comprendere e riconoscere ciò che vediamo. Un po’ come le illusioni ottiche: al primo sguardo vediamo qualcosa, ma quando concentriamo il nostro sguardo, ci appare tutt’altro. Guardare non è semplicemente lasciare che un’immagine si formi sulla nostra retina, ma permettere che quella immagine entri in noi, lasciarci visitare dalle cose, lasciarle entrare nella nostra vita e non farle solo scorrere come le immagini di un film che guardiamo ma in cui non siamo protagonisti.
Gesù si commuove vedendo Gerusalemme, perché non si è lasciata coinvolgere nella storia di salvezza, è rimasta come lo spettatore del film, senza saper vedere il cammino possibile verso la pace. Quando il nostro sguardo è superficiale, veloce, tutto resta esterno a noi. Il verbo “visitare” ci aiuta a comprendere la delicatezza di Dio. Le opportunità, “quello che porta alla pace”, non sono qualcosa di invadente e inopportuno, ma qualcosa che ci viene a visitare, che bussa e chiede di essere invitato ad entrare nella nostra vita.
Chiara Selvatici
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato