Potare un albero fa male. Procura dispiacere a chi pota, che vede una pianta dapprima rigogliosa e poi spoglia, con i rami troncati. Provoca dolore alla pianta, che perde un pezzo di se stessa. Potare, però, significa prendersi cura, dare alla pianta una crescita armoniosa e un frutto più abbondante. Solo guardando al frutto atteso, o alla bellezza guadagnata, possiamo accettare la perdita della potatura.
Mediante la potatura, il contadino e il giardiniere impediscono che una pianta si sviluppi troppo nella direzione dell’altezza, conferendole, invece, una forma più rotonda.
Tante persone agiscono così con noi, inviando dei segnali per dirci di non continuare a crescere solo nella direzione a noi più congeniale. Ci chiedono di ridere dei nostri schemi, quando questi diventano troppo rigidi, di creare, invece, un ordine e un programma quando lasciamo tutto all’ultimo minuto; ci richiamano al silenzio quando parliamo sempre, e ci invitano a parlare quando ci chiudiamo in noi stessi. Tante persone, educatori, amici, e, in modo del tutto particolare, i familiari faticano perché la nostra vita porti più frutto e sia più equilibrata. Se solo una volta tanto li ascoltassimo! Per ascoltarli abbiamo bisogno di fare nostra la loro fiducia.
Abbiamo bisogno di guardare al paziente lavoro dell’agricoltore.
Stefano Corticelli SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato