Felice corsa di ritorno da Emmaus. Felice tristezza che ci ha donato di incontrarlo lungo la via. Felice il cuore che riconosce di battere e bruciare di un fuoco nuovo. Gli undici e gli altri con loro non possono arrestare il racconto dei due che si erano allontanati.
Realtà indigeribile: la sua presenza viva tra noi. Non come un’idea. Non come una suggestione. Non solo come una narrazione. C’è proprio il suo corpo in carne ed ossa. La sua voce fa delle nostre solitudini e paure un “noi”. Ci raccoglie in un corpo che respira al ritmo della sua brezza, la pace. Visto che non riusciamo a mandarla giù, lui dà l’esempio. Ancora una volta si rivela un mangione, amico di noi peccatori.
Testimoni della novità, cominciando da qui, per tutti. Il sogno pazzesco del risorto non ci è ancora del tutto chiaro. Ma entrando nella nube della scrittura sentiremo che il Figlio amato ci mette in dialogo con Mosè, con Elia e i profeti. Si parla di lui a vesti bianche. Sentiamo l’urgenza gioiosa di vivere trasfigurati dalla sua Pasqua.
Matteo Suffritti SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato