Dimmi di sì. Io ho fatto la mia parte, ho pensato, mi sono chiarito su quello che voglio, ho trovato il coraggio di esprimerlo. Tu dimmi solo di sì.
No. Perché no? Il “no” mi spiazza, mi mostra che non ho la realtà in pugno, che il mondo non è fatto a mia misura. Scopro che tu pensi diversamente da me, che non sei me. Sei tu. Ed è bene che sia così. Tu hai da insegnare e io da imparare.
Mi confronto con il “no” che hanno ricevuto i figli di Zebedeo. Questo “no” non arriva subito. È preceduto da un insegnamento sulla strada che porta alla gloria, una strada stretta, di rifiuto, di sofferenza. Gesù chiama questa strada “calice” e “battesimo”. Si tratta di un passaggio obbligato, necessario.
Giacomo e Giovanni accolgono questa prospettiva, probabilmente con una buona dose di incoscienza. E si trovano davanti al “no”. Un “no” motivato: Gesù non è il potente che distribuisce favori ai suoi amici, vive egli stesso nella dipendenza dal Padre. Gesù sposta l’attenzione dei due fratelli da se stesso, come origine di alcune gratificazioni, alla loro stessa ricerca.
Mi trovo davanti a un dono inatteso, un dono di libertà. Il “no” di Gesù permette ai due fratelli di ritornare sul loro desiderio e di comprenderlo meglio. All’inizio pensavano di regnare, di essere persone che comandano. Si trattava pur sempre di un regnare con Gesù, uno alla destra e l’altro alla sinistra. È questo “con Gesù” che alla fin fine a loro importa davvero, quello che desiderano, fosse anche che regnare per lui abbia un altro senso. Stare con Gesù, regnare con lui, significa mettersi all’ultimo posto. Esattamente il contrario di quello che avevano appena domandato.
Il “no” di una persona libera è capace di far fare capriole come questa.
Stefano Corticelli SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato