La “vita eterna”. Come potremmo tradurre questa espressione che mette le radici nel presente e apre al futuro? Tradurrei: «Cosa devo fare di buono per immettermi nel cammino che dà senso, soddisfazione e felicità alla mia vita?». Se leggiamo così acquista più senso e importanza anche la tristezza con la quale il giovane se ne va alla fine.
Non si tratta solo di fare cose buone: il giovane le fa già, ma gli manca comunque qualcosa. Gesù gli propone una grande liberazione: le ricchezze rappresentano in maniera sintetica tutti i legami disordinati che impediscono al giovane di affidarsi alla vita, facendo prima i conti con le proprie paure, l’insicurezza, l’indecisione e l’incertezza che tutte le scelte importanti comportano. Le “ricchezze” mi danno l’illusione di potermene stare nel mio guscio, nel mio nido senza dover correre i rischi che vivere e essere fecondi comportano.
Il giovane se ne va triste perché rinuncia a vivere in pienezza e così la vita si ripiega su di sé e appassisce.
Andrea Piccolo SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato