Non c’è fiducia più grande che nel poter consegnare a qualcuno il dolore che ci portiamo dentro. Il dolore è un luogo inaccessibile e inabitabile, lo sento stretto e angusto, soffocante, ma quando si trovano le parole per dirlo, quando dall’altra parte c’è una persona che ci ama davvero, accade che qualcosa cambia.
Queste sono le ultime parole di Gesù, poco prima del Getsemani. Sta prendendo congedo e le sue ultime parole diventano uno spazio sacro, abitato da Dio, e da noi, nella sua preghiera di protezione. Il dolore condiviso è sacro.
Così come la felicità, è vera solo se condivisa. Gesù chiede al Signore di custodirci dal male mentre è via. Quello che succederà da questo momento in poi, la sua Passione, morte e Resurrezione, è il modo in cui questa preghiera si compie. Siamo tutti dentro questa preghiera.
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Mi sento custodita e raccolta nei miei pezzi da questa preghiera. Ricordo quanto sono stata e sono amata e custodita. So che posso ripararmi nel tuo nome, Padre. Il male, la morte, divide, mentre la verità dell’amore unisce, ci ricompone.
Ma che cosa vuol dire essere una cosa sola? Significa che quando stiamo male tu senti quel male con noi, che quando sono felice tu sei felice per me, la mia felicità è la pienezza della tua gioia. E che se mio fratello sta male, io proprio non riesco a fare finta di nulla, in questo amore, nel tuo amore.
È più forte di me. È questo che ci fa interi, integri, non divisi. Ciascuno con la bellezza della diversità che porta, nel tuo nome.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato