Gesù passa. Passa sempre nelle nostre vite. Questo passare è il verbo della Passione, della sua morte, che diventa nutrimento e vita. Possiamo immaginarci con Lui e i discepoli, in una giornata di sole, c’è un po’ di vento, mentre attraversiamo questi campi di grano. Qualcuno si riposa e si stende a guardare il cielo. Si sta insieme a raccontarsi della settimana appena passata, le fatiche e le gioie. E poi c’è la fame che ci abita, anche quella condivisa. Perché stare a morire di fame se attorno a noi c’è già tutto quello di cui abbiamo bisogno? Quelle spighe sono lì per noi ed è come se il Signore stesso ce le offrisse, anticipando l’offerta di sé dell’Eucarestia.
Il sabato, lo Shabbat, non è solo un giorno di riposo per il popolo d’Israele, dovrebbe essere un giorno per contemplare la bellezza del creato con il Creatore. Per ricordare che davvero è grazia, dono, essere qui. Si fa coincidere la fine dei tempi con un Sabato senza fine.
Ma tutta una serie di rigide norme regolamenta questo riposo: nulla deve essere distrutto o costruito, non si può acquistare nulla o fare passaggi di proprietà, persino strappare un filo d’erba, ogni atto creativo che comporti una qualche trasformazione è considerato una trasgressione. È permesso invece tutto ciò che è relazione, stare con parenti e amici, andare in sinagoga, cantare, leggere e studiare le Scritture, unirsi alla propria moglie. I discepoli trasgrediscono, letteralmente “vanno oltre”, questa Legge.
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Gesù, come Davide, ci fa entrare nel Tempio, quel Tempio che è lui stesso, non perché dobbiamo offrire qualcosa ma per ricevere del sacrificio che ci fa scoprire tutti “cosa sacra”. Al cuore della Legge, se fosse compresa, c’è la gioia di poter aprire le mani e lasciare che le cose siano quello che sono, nella Misericordia poter essere semplicemente se stessi, nella comunione, poter vivere come se non si possedesse nulla, in un giorno in cui anche il tempo è sconfitto, non ci divora più. In Cristo possiamo dirci l’un l’altro che è grazia essere qui. È lui il nostro Sabato senza fine.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato