Giovanni vede Gesù venire verso di lui e a un certo punto capisce. Aspettava un segno ma aveva il timore di interpretarlo nella maniera sbagliata. La realtà ci parla costantemente, ma non siamo subito capaci di capire, c’è bisogno di tempo. È una cosa che capita anche a noi, di trovarci di fronte a una situazione incomprensibile, a un bivio, e di non riuscire a unire i punti, e poi all’improvviso tutto si chiarisce sotto i nostri occhi.
Certo che Giovanni conosceva Gesù, sua madre Elisabetta e Maria sono parenti. Ma molto spesso ci facciamo delle idee su chi abbiamo davanti che ci impediscono di vederlo per quello che è. Ecco perché solo dopo Giovanni dice, e ripete, “non lo conoscevo”: c’è un prima e un dopo, è l’improvvisa realizzazione che l’altro è molto di più di quello mi aspetto che sia.
Il messia che attendeva Giovanni, e tanti come lui, era un uomo che avrebbe dovuto fare giustizia con forza e invece si ritrova uno che si mette in fila con gli altri peccatori, per farsi battezzare. Giovanni si è fidato della parola che gli era stata rivolta dal Signore, per questo si è trovato lì al momento giusto. Cosa gli permette di distinguere Cristo dagli altri? Lo Spirito che discende e rimane su di Lui, per portarci alla vita nuova nello Spirito, ma è il come che fa la differenza. Giovanni lo chiama Agnello di Dio.
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È questa l’improvvisa realizzazione. È un simbolo che ci rimanda alla Pasqua ebraica, all’agnello sacrificale… in un mondo che si divide tra vittime e carnefici, uno che si offre, che sceglie di dare la vita, è scioccante. Lo vede venire verso di lui, assumere con libertà quel destino. Cristo non è l’ultimo dei capri espiatori, che prende su di sé il male del mondo, è qualcos’altro. Non gli viene tolta la vita, Lui la dona, per amore. Non è solo una vittima. Come poteva conoscerlo? Come posso conoscere questo amore? Dalla gratuità. Tu vieni proprio verso di me. Per me. Non lo sapevo, ma è te che aspettavo.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato