C’è sempre un modo per sfuggire alla domanda che Gesù pone con la sua presenza e il suo agire: chiedere un segno, per metterlo alla prova – sottolinea l’evangelista. E questo ci fa intuire che, se anche Gesù avesse dato un “segno”, i farisei avrebbero cominciato a discutere e criticarlo; già in precedenza episodi simili si sono conclusi con l’irritazione dei farisei, perché li ha messi di fronte al loro cuore duro e a un modo di seguire la legge che di fatto mortifica l’uomo.
In fondo, se siamo onesti, è un po’ la scusa di sempre: “io crederei in Gesù, però dovrei vedere un segno, un miracolo․․․” Così che non facciamo che ricalcare l’atteggiamento di chi allora lo contrastava. Invece di lasciarci coinvolgere, cambiare – convertire – dalla sua presenza, dal suo agire, si sta alla finestra a vedere cosa succede, pronti con il giudizio a criticare anche il bene che venisse fatto.
E allora, per coloro che vivono questo atteggiamento, non verrà dato alcun segno: Gesù lo dice chiaro per coloro che lo confrontano, ma lo è altrettanto per noi se non ci mettiamo in prospettiva di accoglienza. Perché il vero segno è lui, Gesù. Ed è l’unico “segno” veramente necessario cui credere, per poter leggere il suo agire – cioè gli altri segni – come la presenza reale di Dio fra gli uomini.
Lino Dan SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato