«Chi cercate?» Due volte ci viene posta questa domanda, chi cerchiamo? «Sono io.» Quanto fa paura questa risposta, che contiene il nome di Dio?
Come nella Genesi, tutto ha inizio in un giardino, il luogo della relazione, dell’intimità con Dio, in cui si poteva vedere Dio faccia a faccia, e ancora una volta un giardino diventa luogo di tradimento, di consegna. È il discepolo che tradisce ma è Gesù che si consegna. Nel mezzo di un processo, davanti a Caifa e a Pilato, facciamo nostre le parole di negazione di Pietro: «Non lo sono», non sono un suo discepolo. Forse non lo abbiamo capito, quest’uomo, non lo abbiamo ancora conosciuto davvero.
Il ritmo si fa concitato e l’unico che sembra preoccuparsi della verità è Pilato, un uomo lontano dalla fede della legge, quella dei precetti. Esercita il suo potere lasciando che sia la folla a decidere e la folla sceglie di salvare Bar-abba, che significa “il figlio del padre”. L’unico potere possibile però è quello di dare la vita. Ed ecco l’uomo, il re vestito di un mantello di porpora, una corona di spine sul capo, umiliato, deriso, flagellato, tra i dubbi di Pilato, il silenzio dell’agnello e la voce di condanna dei Giudei sempre più pressante.
Consegnato, preso, Cristo prende la croce e va al Gòlgota, dove la tradizione vuole fosse sepolto il primo uomo, Adamo. Viene crocifisso accanto ad altri due. C’è un’iscrizione perché tutti possano leggerla, nel caso ci fosse ancora qualche dubbio: “ecco il re dei Giudei”.
Ci spostiamo sotto la croce, prendiamo il posto del discepolo amato mentre il sangue cola sul legno della croce… Siamo chiamati figli, la Passione è una gestazione. Cristo consegna il suo ultimo respiro dopo aver preso il vino andato a male della nostra vita, il nostro aceto, dopo essersi fatto tutt’uno con la nostra sete. Questo spirito, questo soffio, è per noi, su di noi, alito di vita. Così come il sangue e l’acqua, simboli dell’Eucarestia e del Battesimo, che escono dal suo costato.
Ecco il volto insostenibile del Padre, faccia a faccia. A chi stiamo volgendo lo sguardo? Volgere lo sguardo a te è prendere il tuo corpo. Luogo della crocifissione, giardino e sepolcro nuovo, grembo della terra, utero, si sovrappongono. «Sono io», sì: sei tu, proprio qui in questa morte dove sono io, figlio del Padre, salvato.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato