“E tu, ci credi ancora all’amore?”: la mia condanna, la mia assoluzione, le pagine bianche di questa vita nuova che mi sta attendendo, dipendono solo dalla mia risposta a questa domanda. Sono ancora capace di credere all’amore, oppure no? Forse si resta nelle tenebre perché non si crede più che qualcuno possa amare in questo modo, senza condizioni, senza farci del male, e senza fine. Non siamo abituati a qualcuno che decide di restare, figuriamoci poi uno che resta per tutti, senza distinzioni. “Nessuno verrà a condannarti”.
Nicodèmo arriva davanti a Gesù nella sua notte, da uomo che vive secondo la Legge, in cerca di una vita nuova, possiamo immaginare le sue, le nostre resistenze: se non c’è nessuno che mi condanni, tutta la mia vita, passata a cercare di guadagnarmi l’eternità osservando determinati comportamenti, non ha senso. Perché cerco continuamente un’assoluzione, di compiacere un Dio che è un giudice che si rivela così ingiusto? Un uomo innocente che muore al mio posto, che si fa simulacro dei nostri peccati, non ha senso, questo amore è ingiusto.
E tu mi dici che non posso guadagnarmi una vita nuova, perché la ricevo da un altro nel momento in cui riesco a sollevare lo sguardo da me stesso, verso quella Croce, e la riconosco come dono. È un altro che mi dà alla luce: questo fa paura, questo ci fa sentire vulnerabili. Vengo fuori dalla Tua ferita d’amore. Tu mi chiedi di credere a questo amore senza senso che ci fa figli e fratelli, venendo verso di Te che sei la luce.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato