La tristezza di quel “Sì, signore.” Penseremmo mai di rivolgerci così a nostro padre? Lui ci prova sempre, ogni santo giorno, a convincerci ad andare alla vigna, ci scomoda lì dove siamo, non c’è contesto qui, non sappiamo che cosa stessero facendo i due figli, magari anche qualcosa di importante. Entrambi i figli hanno forse un’immagine distorta del padre e di quello che chiede loro di fare.
Dentro di noi siamo spesso l’uno o l’altro figlio. Penso alle volte in cui il mio sì era in realtà un no. Certo, se vedo il Padre come un nemico della mia felicità, come un padrone autoritario, è chiaro che anche solo l’idea di andare a lavorare per lui mi fa fatica. Dentro ciascuno di noi, questo “fare la volontà del Padre” assume sfumature diverse. La fatica della vigna però in realtà è una sola, per tutti: una chiamata ad amare.
La differenza tra i due figli si gioca nel tipo di rapporto che i due hanno instaurato, il primo riesce a essere talmente onesto da dirlo che non ne ha proprio voglia. E proprio questa onestà gli permette poi di ripensarci, nel suo tirarsi indietro prende la rincorsa. Il secondo si nasconde dietro una finta adesione alla volontà del Signore, ma alla fine rinuncia a incontrare non solo la verità di se stesso, questa libertà che viene dall’essere figli, ma anche l’Altro, anche la parola di verità che ci viene rivolta, quella parola messa a morte che è stato Giovanni Battista. Ogni volta che non siamo onesti con noi stessi qualcosa dentro (ma anche fuori) di noi muore.
Padre, prima che io dica sì, insegnami a vedere e ad accogliere la verità di me stesso, perché la mia risposta sia davvero libera.
Caterina Bruno
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato