Quello che colpisce in Gesù, quando si leggono i racconti della Passione, è il suo affidamento. La Passione è per lui il momento di affidamento totale alla vita, senza riserve. Alla vita con i suoi tradimenti, con le cose che sarebbero dovute andare diversamente, con la sofferenza ingiusta. Pur consapevole che verrà tradito celebra la Pasqua, non fugge, e la celebra anche per colui che lo tradirà. Sorge spontanea la domanda: non poteva opporsi a tutto questo, Gesù? Per noi in fondo, umanamente, non è accettabile un Dio debole, che muore.
L’agire di Gesù è comprensibile solo guardando la Passione del Signore alla luce di tutta la sua vita. Una vita spesa nell’Amore, anche dei suoi nemici. Per questo egli non si tira indietro, pur potendo scappare o smascherare il tradimento. Proprio nella debolezza di un Dio fatto uomo che si consegna ai suoi carnefici si manifesta la potenza di Dio. Questa morte sappiamo che verrà vinta.
Quando incontriamo tradimento, morte e sofferenza, queste non hanno un senso. Gesù non dice che queste cose sono buone, anzi: tutta la vita egli ha guarito malati e sanato infermità. Egli è il Dio della vita. Però esiste anche il mistero del male, inspiegabile. In questo mistero il Signore è entrato, per dire a noi che non saremo più soli.
Daniele Ferron SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato