Gesù ha uno sguardo di compassione verso le persone: non può lasciarle andare senza mangiare. Gesù ha compassione nel senso che sa patire con quelle persone. Ne condivide le gioie e le fatiche a partire dal bisogno più basilare: avere qualcosa da mangiare.
La perplessità dei discepoli parte dal fatto che però non hanno quasi nulla da dare. Gesù di questo non si preoccupa, anzi, prende i pani, li spezza e tutti mangiano. Cosa è successo? Il Vangelo in realtà non dice come è stato possibile questo, se è stato un miracolo oppure le persone hanno condiviso. Le interpretazioni sono varie. Certo è che da una dinamica di condivisione nascono delle possibilità prima insperate.
Forse questo episodio ci aiuta a mettere a fuoco due elementi. Il primo è la concretezza del seguire il Signore, ossia di essere cristiano. Seguire il Signore è essere chiamati alla vita, anche nelle sue dimensioni più concrete, il mangiare, il bere, i bisogni più materiali. Il Signore stesso li ha vissuti e se ne prende cura, per sé e per gli altri.
Il secondo elemento è che il Signore ci aiuta a comprendere che il poco che abbiamo è tanto se condiviso. Finché rimaniamo centrati solo su noi abbiamo orizzonti limitati. Abbiamo quei due o tre pani che bastano a noi (se li abbiamo!), ma non possiamo fare molto. Se ci apriamo reciprocamente gli uni verso gli altri, quello che ci sembra poco diventa tanto, perché le risorse si moltiplicano.
Può succedere al lavoro, in famiglia, con gli amici, in una comunità religiosa: una dinamica autocentrata in cui ognuno pensa solo a se stesso ci chiude ed esclude chi magari è nel bisogno. Al contrario, relazioni decentrate, in cui le persone fanno dono generoso di sé, materialmente e umanamente creano potenti circoli virtuosi e aprono possibilità. Sta a noi scegliere se raccogliere l’invito del Signore.
Daniele Ferron SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato