La parabola che il Signore racconta nasce da una domanda di Pietro: quante volte devo perdonare a mio fratello quando mi fa un torto? Pietro azzarda anche una proposta: sette volte. È tanto o è poco? Forse per qualcuno è tanto, altri osserveranno che dipende dal tipo di torto. Altri ancora che vivono magari relazioni difficili faranno un sorriso pensando a quante volte hanno portato pazienza in certe situazioni.
Gesù nel rispondere a Pietro sposta però il fulcro del ragionamento: il perdono non è questione di quantità (sia nel senso di numero di volte, sia nel senso di quanto grave è il torto). Il perdono è questione di gratuità , non si quantifica. Settanta volte sette è proprio una cifra paradossale che vuole indicare come Gesù ci inviti a un perdono senza misura. E proprio qui forse sta anche la difficoltà , perché come è possibile all’uomo un perdono tanto grande? In termini solo umani, solo con le nostre forze, non è possibile.
Gesù ci dice che noi siamo già perdonati, da Dio, e di un perdono infinito, che non ha confini. Il Padre rimette a noi i debiti, perché così li rimettiamo ai nostri debitori. È un concetto semplice e tremendamente difficile, però è proprio vero: possiamo perdonare solo se siamo perdonati.
Chi si sente perdonato da Dio si accorge di essere guardato con uno sguardo diverso, che non lo riduce solo ai suoi errori, limiti e peccati. Uno sguardo che apre orizzonti e possibilità nuove. Io non sono il mio peccato, e mi accorgo di ciò perché Qualcuno di più grande mi guarda e mi fa sentire bello. Certo: mi sento guardato e mi sento bello. Non vedo più solo il mio male, ma mi accorgo che il buono che c’è è più grande.
Daniele Ferron SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato