È un invito così importante, straordinario, potenzialmente ricco di opportunità. Eppure gli invitati non se ne curano, anzi, lo ignorano tornando alle loro attività abituali. Anche noi spesso percepiamo la possibilità di qualcosa di diverso. Vediamo qualcosa che ci chiama in qualche modo o ci interroga. E poi torniamo a fare le cose di sempre. Quelle che conosciamo. Che non ci soddisfano nemmeno, forse, ma di cui almeno conosciamo i lati positivi e quelli negativi.
Perpetuiamo le nostre abitudini anche quando non siamo pienamente soddisfatti, e anzi cercando di lavorare di più o più furbamente per ottenerci avidamente il prossimo traguardo personale di prestigio. Forse anche noi rischiamo di perdere la festa di nozze e non ce ne accorgiamo.
Ma perché? Non ci crediamo, siamo arresi prima ancora di provarci. Non crediamo che ci sia davvero una possibilità per noi. Il mondo non può essere davvero bello, non può riservarci qualcosa di davvero bello, di buono, quello che fa per noi, che ci può rendere felici. Il mondo non è là per offrirci la pienezza, per realizzare pienamente il progetto di Dio. Il suo piano – l’idea che noi ce ne facciamo – ci sembra sempre qualcosa alla quale dobbiamo perfettamente corrispondere, senza mai sapere come riuscirci e magari convinti che alla fine poi sia qualcosa di irrealizzabile: non ne siamo all’altezza. Queste cose infatti capitano solamente ai santi, quelli che stanno là nelle icone, Non capitano certo a noi.
Ma il re ci contraddice, manda i suoi servi ai crocicchi delle strade per chiamare chiunque vi si affacci. E ad un invito del genere siamo chiamati a rispondere col nostro vestito migliore, il nostro, l’unico nostro autentico abito. L’abito che è stato cucito su misura per noi, l’unico che ci permette davvero di partecipare alla festa. Non l’abito di un altro né un abito qualsiasi preso al prezzo più conveniente.
Ettore Di Micco
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato