I lebbrosi riconoscono Gesù, gli vanno incontro ma si fermano a distanza. Non sono sicuramente i ben accetti nella società. Sono consapevoli della loro condizione e chiedono a Gesù un aiuto. Vengono purificati, ma uno soltanto, straniero, torna dov’era Gesù. Non per dire semplicemente grazie all’uomo Gesù ma per rendere gloria a Dio. Per riconoscere il dono ricevuto e gioirne.
È a lui che Gesù dice «la tua fede ti ha salvato». Gli altri hanno ricevuto la stessa purificazione, ma non per quello sono detti salvati. L’uomo salvato è colui che ha avuto gli occhi spalancati della fede, attenti a cogliere ciò che avesse vissuto: dentro e fuori, in contatto con il più intimo che agisce in noi per ascoltarne il sussurro, e in contatto con la storia a cui partecipiamo. Per questo ha colto il miracolo. E per aver riconosciuto questo miracolo è tornato gioioso a rendere gloria a Dio, a manifestare la gratitudine per il dono ricevuto e raccontarlo agli altri.
Dalla fede la capacità di riconoscere il miracolo accaduto. Dal riconoscere il miracolo accaduto la gratitudine. Dalla gratitudine il riconoscimento a Dio e tutto il resto. Ogni azione autentica è nata da lì.
Così anche noi talvolta guardiamo a quella che sentiamo essere la nostra lebbra, e per via di quella ci teniamo lontani, magari anche ce ne vergogniamo. Il nostro stesso giudizio ci dà la spinta decisiva per buttarci fuori dalle relazioni con gli altri e con Dio.
E quand’anche venissimo sommersi dalla grazia, non ce ne accorgeremmo senza quegli occhi aperti. Senza fede, se mi chiudo, mi passa davanti la Vita e non me ne accorgo. Ho già capito tutto e ho già determinato tutto. Quale margine lascio a Dio?
Posso però sempre tornare alla semplicità, al fermarmi, chiedere e ascoltare. Guardare, riconoscere e accogliere. Non è un meccanismo automatico, non ce lo costruiamo volontaristicamente, pianificando. Ma accade.
Come il lebbroso, anche noi siamo chiamati alla gioia. È quella gratitudine il seme fecondo da cui nasce l’energia che trasforma la nostra storia in dono per gli altri, arricchendosi man mano che si dona.
Ettore Di Micco
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato