La domanda che fa Pietro è legittima ed esprime la paura che si vive nel rinunciare ad alcune certezze nel momento in cui si decide di affidare la propria vita al Signore Gesù. Non è scontato rinunciare a ciò che possediamo o a ciò che abbiamo costruito con impegno, affidando le redini della nostra vita alla sua persona e alle sue promesse future.
Che ce ne viene in tasca a lasciare beni, relazioni importanti, punti di riferimento abituali? Cosa guadagniamo ad abbandonare schemi mentali (quelli del mondo), a essere giudicati folli nel lasciare dietro le spalle un’attività ben avviata, una carriera brillante, anni di studio e di specializzazione in un determinato ambito, competenze, esperienze? Che hai da offrirci Signore Gesù?
La risposta data a Pietro non ci rassicura e forse disorienta consegnandoci un’immagine statica: “siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele”.
Penso ai dodici scelti da Gesù, li contemplo e guardo le loro caratteristiche: ci sono uno zelota e un ex esattore delle tasse, una manciata di pescatori (alcuni giovani, altri piuttosto attempati), due soprannominati “figli del tuono”, alcuni della Galilea altri giudei, coppie di fratelli o amici e altri chiamati singolarmente, sposati e singles.
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A tutti loro Gesù consegna la stessa promessa: sarete voi a giudicare la terra! Come a dire che la loro umanità, alla sequela del Signore, verrà poco per volta trasformata, modellata sulla sua umanità. Saranno capaci di comprendere e di entrare nelle esperienze altrui, acquisteranno saggezza di fronte a chiunque e saranno simili a Gesù, nella capacità di discernimento e di giudizio.
La promessa, che inizia a realizzarsi da subito è quella di una vita piena ed eterna, ricca di relazioni e di esperienze. Inevitabile sentire alla fine di questa contemplazione una domanda chiara che Gesù rivolge a ciascuno di noi: e tu riesci a rinunciare a questa promessa?
Lorena Armiento s.a.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato