Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 11 Aprile 2021

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Tommaso dice di non credere. Non è facile comprendere davvero quel che intende. È una presa di posizione davanti a ciò che gli presentano i suoi amici? Oppure è una confessione di una realtà che sente vivere dentro di sé? È lui responsabile di quella condizione? Quanto? Cosa comporta?

Sono moltissime le occasioni in cui parliamo del credere. A volte quasi moralisticamente, apponendo – anche inconsapevolmente – un giudizio di bene o di male sul credere o meno alcune cose, e per estensione sulle persone che credono o meno.

Altre volte ne parliamo accostandolo a ciò che abbiamo di più intimo e del tutto liberi dagli schemi. Quasi come una realtà di fatto che scopriamo essere in noi.

Eppure se proviamo a guardare dentro questo credere, non è facile capire di che è fatto. Forse abbiamo paura di trovare qualcosa di vuoto. Un’impalcatura di concetti e abitudini che utilizziamo per vivere la nostra realtà e sapere come comportarci nelle situazioni quotidiane. Che pure purtroppo abbiamo paura di mettere in discussione, sopprimendo anche le domande che abbiamo.

Per paura rimaniamo attaccati a quelle credenze, poiché ormai fanno parte del modo in cui ci figuriamo noi stessi. Senza quelle, non ci sentiamo noi stessi. Per quante e disparate possano essere le nostre motivazioni, siamo chiamati a non aver paura, a non sopprimere quel che sentiamo. Come Tommaso possiamo anche noi dire di non credere – non sentire vero – ciò che gli amici dicono.

Gesù dà a Tommaso l’occasione di fare un’esperienza esteriore. Esperienza che la risurrezione, la pienezza, è possibile, è reale. Solo dopo quell’esperienza Tommaso può finalmente dirsi credente. E Tommaso non è meno degli altri apostoli solo perché è colui che ha avuto bisogno di toccare Gesù. Tutti gli apostoli vivono la vicenda raccontata, ognuno dal proprio punto di vista. Non è la storia di Tommaso il miscredente e degli altri che sono bravi. È la storia di una comunità. Coloro che hanno creduto, anche senza la necessità di questa esperienza esteriore, sono beati. Hanno già raggiunto la loro pienezza.

Questa pienezza è possibile anche per noi, ciascuno attraverso la propria storia. Senza figli buoni e figli cattivi. Tutti in modo unico, personale. Siamo tutti chiamati a non aver paura di vivere questa nostra personale storia!

Ettore Di Micco


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato