Oggi siamo invitati a metterci in ascolto innanzitutto del grido dei dieci lebbrosi. Non sappiamo chi sono, né che storie hanno, o quali relazioni interrotte patiscono. Di loro sappiamo solo la malattia che hanno, intuiamo il bisogno di ricevere pietà, di dire la propria frustrazione per quel distanziamento forzato che imprigiona la loro vita. Ascoltiamo la loro richiesta (impossibile da esplicitare!) di guarigione, il desiderio non detto di allontanare quell’umiliazione legata alla mancanza di relazioni, al dolore e alla puzza di una carne che imputridisce. Che sofferenza, chissà quale rabbia o senso di colpa nasconde quel grido!
Anche Gesù si è messo in ascolto di quell’invocazione e, non limitandosi ad accoglierla, chiede una cosa molto difficile: avere fede, andando dal sacerdote prima ancora di vedere esaudita la guarigione. Il maestro offre innanzitutto una guarigione del cuore, della fede e sembra suggerire una domanda: da cosa esattamente vuoi guarire? Dalla malattia o dall’incredulità? Cosa cerchi da Dio?
La verità del cuore verrà fuori solo dopo la guarigione fisica. Uno solo tornerà indietro e inizierà a dialogare con Dio lodandolo, rendendo grazie e proclamando le sue meraviglie e diventando annunciatore e adoratore (si prostrò ai suoi piedi).
Così anche noi. Quando chiediamo qualcosa a Dio tendiamo a pretendere dei segni prima ancora di affidarci a Lui. Cerchiamo i risultati e perdiamo di vista quella relazione fondamentale dentro la quale tutto acquista un senso, persino la malattia. Così, potremo pure essere guariti nel corpo, ma la guarigione del cuore è quella che cambia la vita.
Lorena Armiento s.a.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato